27 Luglio 2024
Qualità

Salute mentale e quadro normativo

Se la Legge 180/78 (conosciuta come “Legge Basaglia” dal nome dello psichiatra che l’ha ispirata) ha compiuto il miracolo di far chiudere i manicomi e trasformare il “malato mentale” da pericolo per la società a persona bisognosa di cure e titolare di diritti, il quadro normativo è rimasto incompleto. Per dare conseguente attuazione alla riforma e garantire servizi di salute mentale territoriali capaci di fornire cure di qualità a utenti e familiari, c’è bisogno di un chiaro indirizzo nazionale.

Se si esclude il DPR del 1999 (pubblicato sulla G.U. 274 del 22.11.1999) che, seppure dopo ventun’anni, ha cercato attraverso un Progetto obiettivo di dare forma alle nuove strutture territoriali e indicare le linee guida, nessuna Legge è intervenuta a disegnare la nuova psichiatria. Ancor oggi giace in Parlamento un disegno di Legge che si pone come obiettivo quello di diffondere e radicare alcuni principi forti e chiari per garantire a tutti i cittadini italiani una buona salute mentale.

Centri di salute mentale d’eccellenza

Tuttavia, nonostante il ritardo normativo, il panorama nazionale si presenta molto variegato. Accanto a realtà ancora attardate in una visione medico-centrica dove la cura è essenzialmente farmacologica se non addirittura restrittiva, troviamo situazioni in cui si sperimentano nel concreto la filosofia basagliana e le indicazioni contenute nel DPR citato.

Seppure in modo non vincolante, questo strumento normativo analizzava le problematicità ancora esistenti:

  • assenza di attenzione specifica per l’età evolutiva
  • carenza di analisi sistematica costi/benefici
  • scarso monitoraggio dei centri di costo
  • rischio di interventi non coordinati e di conflittualità tra le varie figure professionali in assenza di una missione condivisa
  • necessità di contrastare il ricorso a nuove istituzionalizzazioni
  • carenza di personale e eccessivo turnover con conseguenze negative per la continuità terapeutica
  • necessità di chiarezza e omogeneità nei rapporti con soggetti privati
  • necessità di sviluppare ruolo e risorse dei Comuni
  • sviluppare la fondamentale collaborazione con familiari e utenti, riconoscendone il ruolo attivo come risorsa
  • rinnovare e articolare l’offerta formativa interna e esterna

E indicava obiettivi e iterventi da attuare:

  • promozione della salute mentale nell’intero ciclo di vita (medicina preventiva)
  • diffusa educazione sanitaria
  • individuazione precoce di soggetti, ambiti, culture e situazioni a rischio disagio
  • assistenza specifica al nucleo familiare dell’utente
  • riduzione degli atti di autolesionismo e suicidi

Prevenzione, cura e riabilitazione

Il Centro di Salute Mentale disegnato dal Progetto obiettivo diventa lo strumento operativo che attua e coordina gli interventi sul territorio:

  • presa in carico e risposta ai bisogni di tutte le persone malate
  • interventi preventivi sul territorio (domicilio, scuola, lavoro, ecc) in collaborazione con la rete sociale e i presidi sanitari di base
  • pianificazione terapeutica preventiva e riabilitativa con scadenze e verifiche
  • coordinamento tra i servizi interessati per il recupero delle attività lavorative, abitative e relazionali
  • ricerca continua sull’efficacia terapeutica
  • coinvolgimento familiare
  • programmi specifici di recupero degli abbandoni dal servizio
  • sostegno ai gruppi di auto-mutuo-aiuto
  • iniziative di sensibilizzazione rivolte alla popolazione per combattere pregiudizio e attivare canali di prevenzione
  • patto per la salute mentale” da stipulare tra diversi attori del territorio per valorizzare le risorse umane, materiali, territoriali.

La mancanza di direttive vincolanti ha però prodotto una situazione disomogenea a livello nazionale. Accanto a situazioni ancora attardate su un modello di cura essenzialmente farmacologico se non addirittura contenitivo, vi sono realtà che più di altre hanno creduto nella spinta innovativa della riforma. Rappresentano un esempio virtuoso nel promuovere e stimolare il protagonismo di utenti e familiari, nel coinvolgerli attivamente nei percorsi di cura.

in queste realtà (come quella di Trento) sono attive aree specifiche di intervento come il fareassieme, l’area abitare e l’area lavoro. Strumenti che, accompagnando il momento strettamente terapeutico, offrono agli utenti opportunità relazionali e di recovery, di recupero delle proprie risorse e della propria autonomia, nonché di essre protagonisti del proprio percorso di cura.

La persona affetta da disagio psichico ed i suoi familiari sono chiamati a trasformare la loro esperienza in risorsa. La figura dell’UFE (utente o familiare esperto) rappresenta un prezioso e insostituibile elemento nella lotta contro lo stigma e nella gestione delle crisi di altri utenti. Il capillare lavoro di sensibilizzazione combatte il pregiudizio, diffonde conoscenza e sensibilità nel territorio. Il supporto tra pari (funzione che dovrebbere essere recepita a livello legislativo) dovrà diventare sempre più la nuova frontiera di una gestione dei servizi veramente attenta alla persona più che alla funzione.

L’iter travagliato della legge sulla salute mentale

Resta comunque stringente la necessità di un intervento legislativo che promuova su tutto il territorio nazionale queste buone pratiche e garantisca a tutti i cittadini, dal Brennero alla Sicilia, una salute mentale di quallità pur nei limiti dell’autonomia regionale in tema di sanità.

Il disegno di Legge ancora chiuso nelle aule parlamentari nasce su iniziativa popolare nel 2012. Dopo svariate traversie e alcuni emendamenti, inizia il suo iter parlamentare nel 2014, ma subisce i tempi della politica e delle ricorrenti crisi. Attualmente, con la nuova maggioranza uscita dalle urne del 25 settembre 2022, le prospettive sono ancora meno rosee e i tentativi di riproporre una psichiatria coercitiva sono già presenti.

Oggi, quindi, e a maggior ragione, è fondamentale che le realtà in cui la filosofia del fareassieme si è sviluppata maggiormente promuovano iniziative atte ad espandere ovunque sia possibile le buone pratiche orientate alla recovery. Anche per “difendere” il lavoro fin qui svolto!

Le esperienze condotte in alcuni Centri di Salute mentale (come quello di Trento) all’avanguardia nel cercare di dare concretezza all’indirizzo basagliano, testimoniano l’efficacia di percorsi di cura in cui l’utente, i familiari ed altri soggetti coinvolti, accompagnati da medici ed operatori, diventano protagonisti nel recupero delle proprie risorse e risorse essi stessi grazie al loro sapere esperienziale. Inoltre, le attività in questi centri d’eccellenza si sviluppano anche verso la prevenzione e la riabilitazione, attivando quel necessario coinvolgimento della società civile e del mondo del volontariato chiamati a costituire una rete diffusa di protezione. La “salute mentale” esce dall’istituzione per diventare un messaggio di sensibilizzazione da portare nelle piazze, nelle scuole, nei luoghi di lavoro oltre che nei convegni. La riabilitazione esce dal chiuso degli ambulatori per farsi opportunità lavorativa, autonomia abitativa o, perché no, preziosa testimonianza attiva nel supporto tra pari.

Stefano Ricci

Nato a Siena nel 1950 è approdato nel '68 a Trento, dove si è laureato in Sociologia. Quella stagione di “contestazione globale” ha caratterizzato l'intera sua esistenza. Sempre impegnato in politica, nel Sindacato e nel volontariato si è poi ritrovato a misurarsi col mondo della salute mentale, anche qui da protagonista.

2 pensieri riguardo “Salute mentale e quadro normativo

  • Concordo in pieno con questo approccio alla sofferenza mentale.
    DESIDERO ESSERE INFORMATO SU INIZIATIVE E SULL’ITER LEGISLATIVO.
    Cordiali saluti
    gabriele benetazzo

    Rispondi
    • Il precedente disegno di legge è decaduto con la fine della legislatura. Al momento sono in corso verifiche per la sua riproposizione.

      Rispondi

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