Il buio

(da un fatto di cronaca)

Leo non aveva particolari motivi per essere felice. O forse sì. Se la felicità dovesse dipendere dalle circostanze della vita, sarebbe una ben povera cosa! Leo aveva un lavoro noioso e ripetitivo, ma con la sua disponibilità sapeva farsi voler bene dai colleghi e andava d’accordo con tutti.

Questa era una cosa buona.

Lo stipendio non era un granché, ma era un’entrata sicura per una vita dignitosa, soprattutto se si hanno poche pretese. Il mutuo per l’appartamentino in periferia lo dissanguava, ma si trattava del loro nido e i sacrifici lo rendevano ancora più prezioso. Là sarebbero nati i loro figli!

La giovane mogliettina era malata di malinconia (qualcuno la chiama: depressione), ma il suo amore per lei sembrava avesse il potere di trasformare la sofferenza in speranza. Trovava conforto nei frequenti alti e bassi e, a modo suo, ringraziava Dio d’avere la forza di accettare quella prova fra lacrime e sorrisi, certo che ne sarebbero usciti insieme.

A passo d’uomo

Non aveva un’auto, ma gli piaceva spostarsi al ritmo lento dei mezzi pubblici, allungare il passo e muoversi tra la gente: incrociare sguardi, immaginare storie, scambiare cenni di complicità. Teneva sempre qualche moneta a portata di mano per regalarne a mendicanti o artisti di strada senza mai tralasciare un saluto o una buona parola, perché più che elemosina fosse un segno di condivisione.

E quando camminava con le mani sprofondate nelle tasche ed il naso all’insù a scrutare nel cielo promesse di sereno, era un piacere vederlo: quel suo sorriso sempre stampato sulla faccia, metteva allegria. Dava l’idea che, nonostante tutto, ci fosse qualcosa di buono nel mondo. Almeno per un attimo. Almeno per qualcuno!

Non sono le circostanze della vita a determinare la felicità. È piuttosto lo stato d’animo col quale le affronti, quella predisposizione che ti permette di apprezzare il bello che c’è e sopportare le prove che si presentano. È qualcosa che germoglia dentro, nell’intimo dell’anima: nel magma profondo delle passioni; in quello stesso crogiolo dove può nascere anche l’odio!

La rabbia

Omar non ce la faceva più. O forse non c’aveva mai provato veramente. Se l’odio dipendesse dalle avversità della vita, chi ne sarebbe immune?
Omar aveva perso l’ennesimo lavoro, perché non riusciva ad andare d’accordo con nessuno. Poi, da quando la compagna l’aveva lasciato, le cose erano peggiorate. Ma non era solo quello. Il suo rancore verso il mondo pareva affondare le radici in un antico pantano che prescindeva dalle sue disgrazie attuali.

Era come se in lui si condensassero tutta l’ingiustizia e tutto il male sopportato dai diseredati di sempre. Il mondo gli pareva un posto sbagliato; l’uomo: una creatura malvagia. Ognuno pensa solo a se stesso, degli altri se ne frega e se può danneggiarti per trarne un vantaggio non ci pensa due volte.
Gente che soffre nel disinteresse generale e quando riesce a bussare alla porta di qualcuno… riceve solo un calcio in culo!

Omar ha un figlio, ma l’ex compagna non glielo lascia vedere. Forse lei ha ragione: è diventato violento, non sa trattenersi, ha improvvisi scatti d’ira… Ma come si fa a vivere sereni in questo mondo corrotto. E c’è chi fa figli mentre bambini annegano in mare. C’è chi ama una donna, la copre di attenzioni mentre centinaia di schiave vengono ogni giorno stuprate nei lager libici… Ma come si fa?

Fermate tutto, voglio scendere!

Come si fa a vivere, come si fa a sorridere, come si fa a far finta di niente! Omar li odia quelli che sembrano sempre contenti, che salutano la gente per strada: anche gli sconosciuti! Odia chi ostenta quell’aria felice come se fosse ignaro di ciò che gli succede attorno. Questi ragazzi che camminano con le mani a sfondare le tasche. Il naso all’insù per non vedere lo sporco per strada ed i cumuli di spazzatura dove i miserabili cercano gli avanzi dell’opulenza. Questi ragazzi come lui che, a differenza di lui, canticchiano un motivetto e hanno dei sogni, un futuro, un’illusione fatta di stracci.

L’incontro

Leo sbuca dalle scale della metropolitana, l’aria è fresca, il cielo incredibilmente sereno. È contento, sta tornando a casa. Stasera la porterà a mangiare la pizza con i loro amici… se non sarà troppo stanca! Altrimenti resteranno a casa, nel loro nido, cercando di interessarla a qualche progetto per il loro futuro, sempre insieme. Lei ha bisogno di lui, ma lui non potrebbe fare a meno di dedicarle tutto il proprio sostegno, non può nemmeno immaginare una vita diversa. Loro due insieme sono una forza! Questo pensiero lo fa sorridere e gli occhi gli brillano: lei lo sta aspettando.

Ma c’è questo ragazzo triste, col cappuccio calato sulla testa, come ce ne sono troppi in giro, arrabbiati, che sembra non abbiano voglia di vivere! Gli viene incontro, ha un guizzo nello sguardo, pare che lo conosca, pare di potergli leggere nel pensiero: “Sei proprio tu che aspettavo… che cazzo c’hai da ridere? Fai una bella vita, hai dei bei progetti, vero? Ora non più!”

Omar tira fuori un coltello da cucina e gliel’affonda nel corpo quasi senza fermarsi, poi continua a camminare sempre più veloce fino a sparire tra la folla, mentre il corpo di Leo si accascia lentamente sul marciapiede. Ci vuole qualche attimo prima che la gente si accorga del dramma che si sta consumando all’improvviso, senza alcuna ragione apparente.

Sguardi anonimi e curiosi lo guardano morire, qualcuno chiama il 112… Leo non sorride più, una luce di incredulità gli sfugge dagli occhi, un nome di donna gli sfugge dalle labbra e, con l’ultimo sospiro, come a chiedere aiuto, mormora: “… è sola!”

Non avrebbe voluto lasciarla sola, ma il destino ha voluto che l’odio e l’amore, la felicità e il rancore si scontrassero proprio lì, in quel momento, per mettere in scena la stessa eterna rappresentazione dove nessuno è spettatore e tutti siamo coinvolti.

S’è spento un altro sorriso, mentre il buio ovunque dilaga inesorabile.

Stefano Ricci

Nato a Siena nel 1950 è approdato nel '68 a Trento, dove si è laureato in Sociologia. Quella stagione di “contestazione globale” ha caratterizzato l'intera sua esistenza. Sempre impegnato in politica, nel Sindacato e nel volontariato si è poi ritrovato a misurarsi col mondo della salute mentale, anche qui da protagonista.

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