27 Luglio 2024
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Guarigione clinica e guarigione sociale

Certamente lo scopo primario di chi opera in un Servizio di salute mentale è la guarigione del paziente, ma nel mondo del disagio psichico il concetto stesso di guarigione necessita di approfondimento e di condivisione.

Per qualcuno potrebbe essere spiegato, come per altre patologie altrettanto gravi, con la scomparsa dei sintomi ed il ritorno alla “normalità”. Questa concezione può portare all’eccessiva esigenza di inquadrare la patologia da un punto di vista esclusivamente medico rischiando, in questo modo, di perdere di vista la storia vera di ogni singola vita e il bisogno per ogni paziente di trovare in maniera unica ed originale la via per tutelare la propria dignità nelle infinite differenze e ritornare ad una vita piena nonostante la malattia.

La guarigione, quindi, non è sempre il semplice ritorno alla normalità (altro concetto sempre in attesa di definizione!) come se si trattasse di una sorta di redenzione da una colpa non meglio specificata, ma è spesso l’inventarsi una nuova, più felice e consapevole identità.

Sulla base di molte nostre esperienze conosciamo due livelli di guarigione: quella clinica e quella sociale, che deve fare i conti con la sconfitta dello stigma e l’accettazione di sé.

E’ necessario che la psichiatria oggi parta dalla presa in carico di una persona e non di un malato. Curare il malato per assicurarsi la scomparsa dei sintomi, quella che potremmo definire guarigione clinica, essenzialmente dovuta ai farmaci, non può essere lo scopo ultimo della psichiatria, in particolare di quella pubblica.

Formalmente e in senso stretto il malato non c’è più, ma resta una persona fragile e disagiata, che spesso trova grandi difficoltà nel “reinserirsi nella vita normale” e a convivere con dignità con la propria malattia. I “danni” prodotti dal diffondersi della sua diagnosi conclamata fra le persone con cui si relaziona (stigma) oppure realmente provocati dagli effetti della malattia nella cerchia familiare, nell’ambiente di lavoro o con gli amici, per il guarito clinico rappresentano una muraglia apparentemente insormontabile, che va a sommarsi ai propri dubbi (autostigma) sulla compromissione irreversibile di tutte le sue capacità.

Solo una psichiatria fallimentare può ritenere di avere adempiuto al proprio compito con la guarigione clinica.

In psichiatria l’obiettivo deve essere la guarigione sociale

La psichiatria, curando una persona, deve necessariamente porsi l’obiettivo della guarigione sociale, vale a dire di un dignitoso reinserimento del malato di mente nella società, rispondendo ai bisogni di lavoro, di abitazione e di rapporti sociali (diritti di cittadinanza fondamentali) in un contesto che inizialmente e se necessario potrà essere protetto, ma comunque di crescita e di futura autonomia attraverso, come abbiamo visto, un percorso di recovery.

Quando si sta male (e si sta molto male!) l’unica cosa che desideriamo è stare bene, subito!

Per qualcuno di noi ciò che davvero conta è la cura giusta, il medico che indovina la “pillola miracolosa”. Per altri, con una consapevolezza diversa della complessità della malattia mentale, appare quasi “mortificante” che il proprio benessere psichico debba dipendere da una pillola, che la propria volontà sia piegata alla chimica…

Un Servizio di salute mentale deve sapermi accogliere e curare tempestivamente quando sto male, ma deve anche sapersi presentare come un insieme di saperi diversi in grado di accompagnarmi oltre la cura farmacologica, verso la conquista di spazi di salute e benessere, ove agire la mia esistenza in autonomia.

Come ad esempio il compito della scuola non è la mera trasmissione del sapere, ma piuttosto far crescere in autonomia la personalità ed il talento dello studente; così, ponendo la persona e non la malattia al centro dell’azione terapeutica, anche la psichiatria dovrebbe offrire al paziente strumenti, non solo farmacologici, necessari per rimetterlo in condizioni di ricostruirsi una vita.

Andrea Puecher

Dopo la laurea ha ricoperto ruoli dirigenziali. A un certo punto della sua vita ha dovuto fare i conti con la malattia mentale. Un percorso di recovery nel contesto di un Servizio di salute mentale con il quale collabora da più di dieci anni gli ha restituito dignità e reinserimento sociale.

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