27 Luglio 2024
Partecipazione

Il Gruppo di Progettazione Partecipata

A volte, in alcuni ambiti istituzionali, gli organismi rappresentativi volti a favorire la partecipazione
attiva di utenti e cittadini all’organizzazione dei servizi che li riguardano, vengono vissuti dagli
addetti-ai-lavori come un’indebita intromissione, una limitazione alla loro autonomia professionale,
una messa in discussione delle loro competenze.

Per essere veramente efficaci, il compito più importante di questi strumenti di partecipazione è
quello di favorire l’incontro e la cooperazione. Devono sapersi muovere in uno spazio di reciproco
riconoscimento e reciproca fiducia nel quale le specificità e le differenze vengano valorizzate e
possano integrarsi per raggiungere un livello più consapevole e complessivo di conoscenza.
In particolare il Gruppo di progettazione partecipata (GPP), che opera ormai da una decina di anni
all’interno del Servizio salute mentale di Trento, rientra a pieno nella filosofia e nella prassi del
Fareassieme riconoscendo in modo esplicito l’importanza fondamentale del confronto continuo tra i
diversi soggetti interessati (è composto da rappresentanti eletti di utenti, familiari, operatori e
psichiatri del servizio, accoglienti e cittadini).

Il coinvolgimento del sapere esperienziale di utenti e familiari, assieme alla passione e al senso
civico di cittadini volontari possono offrire alla professionalità di medici e operatori elementi utili a
migliorare l’organizzazione del Servizio in termini di efficacia. L’istituzione del GPP risponde
all’idea più generale di quel percorso condiviso che, oltre al necessario intervento farmacologico,
mette in campo spazi e strumenti capaci di attivare le risorse personali ed il pieno protagonismo di
chi è direttamente coinvolto dal disagio mentale, per gestirne i sintomi e contrastarne lo stigma
sociale.

Naturalmente, anche il GPP non è qualcosa acquisita una volta per tutte: ci sono ancora perplessità
sulla sua efficacia, quando non vere e proprie resistenze. Non è un organismo istituzionalmente
riconosciuto e vale solo come soggetto consultivo (quando e se il Primario in carica ne apprezza la
funzione). La sua forza deriva unicamente dall’autorevolezza che riesce di volta in volta a
conquistarsi: attraverso la reale capacità di coinvolgimento di tutte le componenti, la serietà delle
proprie analisi, l’efficacia e la praticabilità delle sue proposte.

Si riunisce in seduta ordinaria una volta al mese per discutere un ordine del giorno aperto alle varie
proposte ma, quando è possibile, si articola in gruppi di lavoro per approfondire gli argomenti decisi
in assemblea e produrre indicazioni da riportare alla discussione generale.

Per entrare più nel concreto, i compiti e gli obiettivi che il GPP si è dato nel tempo per garantire e
mantenere la centralità della persona hanno prodotto una serie di iniziative per analizzare carenze
organiche e organizzative e collaborare col responsabile del Servizio per individuare interventi
praticabili, condividerne le richieste e supportarle nei confronti dell’Azienda sanitaria provinciale.

Ma anche per:
– migliorare il “clima interno” al Servizio, ascoltando le varie aree, facendo emergere criticità
ed esplorando con gli interessati possibili soluzioni migliorative;
– confermare la scelta delle “porte aperte” e del no-restraint nella gestione delle crisi, anche
attraverso la presenza qualificata di esperti nel supporto tra pari (ESP);
– rilanciare la partecipazione attiva degli utenti nei percorsi di cura (PCC), interrotti durante il
covid, anche attraverso un confronto aperto con posizioni ancora scettiche verso questo
strumento;
– ampliare le competenze degli operatori e rendere strutturale la formazione e la presenza di
ESP, anche nell’ottica di sopperire alla cronica carenza di personale medico;
– individuare e implementare le offerte del fareassieme e della recovery, coinvolgendo utenti e
familiari, ma anche risorse del mondo associativo e del volontariato sociale;
– attivare strumenti capaci di dare continuità al legame con i fruitori del Servizio attraverso
questionari, ma anche con spazi di ascolto diretto;
– organizzare momenti informativi e di sensibilizzazione rivolti alla cittadinanza in generale
anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni e delle scuole;
– promuovere collaborazioni con altre istituzioni, i medici di base, il servizio sociale, il mondo
universitario e quello della ricerca.

Ma forse l’azione più emblematica, che ha determinato lo stesso atto di nascita del GPP, ha preso
corpo nel 2015 in occasione del forzato trasferimento del CSM in altra sede. Il Comune di Trento
reclamava legittimamente l’utilizzo dei propri spazi che ospitavano il Centro, ma la soluzione
prospettata era per noi del tutto inadeguata. Si formò spontaneamente un comitato di utenti,
familiari, operatori e volontari che, attraverso un’opera di ampia sensibilizzazione e di seria
proposta, riuscì a rivendicare una collocazione di gran lunga migliore. Il contributo offerto risultò
fondamentale non solo per la ricerca di uno spazio idoneo, ma anche per una sua ristrutturazione in
linea con le esigenze dell’utenza e del servizio: un esempio di progettazione dal basso di cui
andiamo particolarmente orgogliosi e che ha gettato basi concrete per questo organismo di
partecipazione.

Insomma, i temi e le problematiche che richiedono la giusta attenzione e che ho provato ad
accennare (suscettibili di ulteriori eventuali approfondimenti) sono molteplici e di grande interesse.
Si scontrano spesso con la carenza di risorse e di tempo, ma non di motivazioni. Talora il GPP può
apparire come “luogo delle chiacchiere” con tutte le difficoltà di passare dai ragionamenti ai fatti,
ma resta pur sempre un importante spazio che legittima la validità del coinvolgimento attivo, l’idea
stessa che la cura non è un’esclusiva del professionista, che la salute mentale riguarda la
partecipazione attiva e consapevole dell’utente, dei familiari, della società. E restano intatte le
grandi potenzialità di uno strumento nato per favorire il confronto tra ruoli, sensibilità, conoscenze,
esperienze e punti di vista diversi, tutti con l’unico obiettivo di affrontare insieme la complessità
della malattia mentale, dei suoi variegati sintomi e delle sue tante ripercussioni con un approccio
necessariamente multidisciplinare.

Stefano Ricci

Nato a Siena nel 1950 è approdato nel '68 a Trento, dove si è laureato in Sociologia. Quella stagione di “contestazione globale” ha caratterizzato l'intera sua esistenza. Sempre impegnato in politica, nel Sindacato e nel volontariato si è poi ritrovato a misurarsi col mondo della salute mentale, anche qui da protagonista.

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